martedì 23 agosto 2011

carcerate cavie degli ospedali: prevenire la prevenzione

DIGITARE SOPRA L'IMMAGINI DELLE SEGUENTI TAVOLE PER INGRANDIRLE
Manifesti pubblicitari che invitavano le donne allo screening clinico di massa gratuito, che invasero Roma e il Lazio diversi mesi fa, probabilmente non hanno ottenuto il numero sufficiente di utenze.
A tutti gli effetti è noto da almeno una ventina d'anni che lo screening non fa scendere la mortalità da tumore e la diagnosi precoce non è prevenzione. Allora, che fare se nemmeno il ricorso al trucco della propaganda che fa credere il contrario -e per tutte le età- non riesce a convincere? (Gigerenzer, p.86): "Se non si riesce a far partecipare il 70-80 % delle donne lo studio darà risultati discutibili". Così dichiara chi vuole che si ragioni in base a speculazioni statistiche sui grandi numeri attraverso i tre corrispondenti errori, quale ad esempio l'errore di tipo 2 sul rischio relativo e quello assoluto.
-In questo frangente si preferisce far riferimento sul rischio relativo perché in quanto tale (relativo) si possono far apparire percentuali maggiori in favore allo screening : nel confronto tra donne che effettuarono uno screening al seno e quelle che non lo effettuarono; su 1000 donne che effettuarono lo screening in 10 anni ne morirono 3 passate per
screening e 4 che non lo effettuarono. Per il rischio relativo la stima è del 25%. Ma per il rischio assoluto che ne valuta la differenza 4-3=1 risulta che lo screening ne avrebbe salvato solo una su mille, cioè lo 0,1 %. (Skrabanek, McCormick, p.64. Gigerenzer)- Allora, dove rimediare gente sana per lo screening se non nelle carceri? Una/o detenuta/o potrebbe rifiutare
lo screening di massa fatto passare come mezzo per salvare vite umane?....Avete ascoltato dal video qui proposto cosa dicono? "Gli screening per i detenuti saranno disponibili anche per chiunque del personale carcerario, se lo richiede. Quindi per i detenuti è comunque obbligatorio. A dar sostegno all'iniziativa due grandi complessi ospedalieri del S.Camillo e del Forlanini nonché il S.Gallicano.
Sugli assunti suddetti di diverso parere risultano perfino coloro che elaborano i dati delle aziende sanitarie stesse (italiane o
di altre nazioni che siano): "Come si fa a dichiarare che gli screening salvano le vite quando non c'è una vera o anche minima prova definitiva sull'efficacia di tali screening e se apportano benefici" (Volpi, p.70); tanto da porsi la domanda se queste vite non si sarebbero potute salvare altrimenti. Riportiamo qui alcuni esempi di stime lasciando il lettore approfondire attraverso la sottostante bibliografia.
Essi stimarono ben 90.000 donne cadute nei "falsi positivi" (cioè erroneamente diagnosticate con sospetto tumore) al primo mammogramma in un solo anno e così costrette ad almeno tre ulteriori visite a distanza di settimane -preannunciate per lettera-. Questi richiami constano di biopsie, irradiazioni, ed operazioni chirurgiche per ancor ulteriore verifica assieme ad altre tecniche invasive, con tutto lo stress, ansia e così via le cui ripercussioni possono condurre al trattamento psichiatrico se non causare esse stesse un tumore -noi aggiungiamo anche per le stesse irritazioni che comportano sui tessuti e sulla fisiologia del malcapitato.
I dati delle schede delle immagini (Volpi, Tavola 12,p.77. Tavola 13, p.81) qui riportate, sono un vero atto d'accusa, col risultato che ciò ch'è veramente pericoloso è tutta la prevenzione giocata sullo screening (Volpi, p.83): "Vi possono arrivare sul tavolo del chirurgo casi che non sono tali, ma trattati come se lo fossero, e di casi sospetti, perché non si sa se e come evolverà la lesione che li riguarda" (id.,p.94).
Vi è chi sottolinea che oggi non si consiglia né gli screening e né il mammogramma alle trentenni (Gigerenzer,p.76) ed altri che estendono tale consiglio alle quarantenni -Gigerenzer p.92 vedi la tabella 5.3 qui riportata-...ma per quelle dai 50 ai 54 anni vi sono i risultati peggiori: 22 donne
richiamate allo screening per ogni tumore identificato minore di 10 millimetri (vale a dire dalle 150 alle 200 donne richiamate per ogni tumore in fase precoce. (Volpi,p.87) Ma non finisce qui perché il suddetto consiglio può anche estendersi da quest'ultime fino alle sessantanovenni con un sospetto tumore in fase precoce dove occorre richiamare con tecniche invasive pericolose per la salute quali (Vedi Tavola 13, qui riportata): Biopsia (causa dolori, infezioni e ulteriori lesioni etc.) sempre accompagnata da operazioni chirurgica dove in molti casi si rileva solo una lesione benigna e non tumore. (Volpi,p.8o)
Dalla tavola 13 (vedi riquadro) si ottiene la soglia che fa demolire l'aspetto preventivo per le percentuali di richiamo al test: " In Italia sfiora il 9% (88 donne su 1000) e tali tasso lievita con gli anni -riferito dalla fine degli anni ottanta al 2007-. Insomma, del 1.052.000 donne che effettuarono lo screening nel 2004 92.000 hanno subito il richiamo e la biopsia o altre tecniche invasive.
L'autore corregge e precisa che di quelle donne che subirono biopsia e l'operazione chirurgica benché con la sola lesione benigna la stima che si riporta non è di 13,3 donne operate per identificare un solo tumore ma di ben 17. E, per quanto riguarda l'individuazione in fase precoce (minore di 1 cm.) il rapporto delle donne che si ripresentano allo screening non è di 6,5 su 1.000 che effettuarono lo screening ma di ben 16 su 1.000.
Abbiamo focalizzato sullo screening mammografico e/o mammografia perhé quando si valuta il rapporto "controindicazioni-benefici" in uno screening si considera come esempio quello che si ritiene il più vicino ad una "buona diagnosi". Comunque, né il pap-test, né l'esame delle feci, né lo screening tumore ai polmoni e la stessa mammografia o screening mammografico -il cui valore predittivo risulta di 1/3 del 100% (Volpi, p.187)- etc. hanno requisiti di buon test ( P.Skrabanek, J.McCormick,p.126) perché il falso-positivo é fra lo 1% e il 10 %, e quel poco che verrà diagnosticato giusto, dopo le tecniche invasive succitate, per gran parte si tratterà di un tumore "duttale in situ" -cioè senza metastasi e
con crescita lenta, trascurabile- oppure di una semplice lesione benigna (Vedi tabella 129 qui riportata) (P.Skrabanek, J.McCormick, p.129) (Volpi, p.70): "Mentre le tecniche mamografiche sono migliorate di molto i benefici dello screening sono diminuiti tanto che nei più recenti sono insignificanti".( P.Skrabanek, J.McCormick, p.126) Inoltre: "Le percentuali di mortalità per tumore al collo dell'utero sono meno di 1/6 rispetto ai tumori del seno e non produce metastasi. Laddove lo screening non era praticato la mortalità stava diminuendo (ad esempio, nel Canada) e comunque lo screening continuava negli altri paesi con tutto il loro carico di falsi negativi -cioè non rilevavano il tumore laddove c'era-". (P.Skrabanek, J.McCormick,pp. 131,132). Le tecniche invasive per questi tipi di tumore non sono da meno di quelli al seno, oltre le biopsie vi sono le colposcopie e le isterectomie (effettuate per stare tranquille): 40.000 strisci e 200 biopsie per un presumibile unico tumore; tante sono le innocue anomalie cellulari rispetto al tumore ch'è risulta più rischiosa la ripercussione di tali tecniche invasive. ( P.Skrabanek, J.McCormick, p.133)
Nel video ci si riferisce anche a screening al polmone sui detenuti perché fumatori. A parte il fatto che lo screening ai polmoni ha ancor meno valore predittivo rispetto agli altri a causa della sua velocità di progressione e metastasi -non si può irradiare ogni mese e mezzo per una prevenzione precoce- una data percentuale di tumori al polmoni e di morti si è riscontrata in chi non ha mai fumato tanto da implicare il dannoso screening anche per loro (Volpi, p.113, p.103); con i detenuti forzati questa estensione di screening è possibile.
Chi ha concesso l'attuazione del progetto degli screening alle/ai carcerate/ti è un presidente della regione (Lazio) donna e di solito sono i medici maschi quelli che decidono quali processi fisici che concernono le donne debbano essere considerati malati. Gli screening per eventuali patologie dei seni e dei genitali delle donne continuano quel processo "ginofobico" millenario che mira, oggi attraverso la chirurgia delle operazioni difficili, alla mutilazione-amputazione dei genitali e funzioni fisiologiche ginecologiche delle donne; curate poi psichicamente; sotto giustificazione di disturbi o sintomi fisici: "Stati e processi patologici dei genitali femminili possono essere causa di pazzia -L.Mayer-". (Blech, p.150) "Per le donne anziane l'utero diventa un organo inutile, che perde sangue, crea problemi e può anche provocare il tumore, un organo che perciò dovrebbe essere asportato -Wright 1969". (Blech, p.150) I risultati furono 160.000 isterectomie superflue, inutili, solo in Germania e per gran parte di esse non hanno prevenuto né il tumore né altre malattie. Così anche in Gran Bretagna il 40% degli organi genitali asportati era assolutamente sano. (Blech, p.151) Si evita tutto ciò che passa per i genitali femminili squartando pance per far uscire di lì il feto per non parlare di nascite artificiali.
Al centro le temute mestruazioni -da cancellare- tanto da far allontanare dalle donne che almeno le simulavano addirittura l'orda assassina stupratrice franco-marocchina in Ciociaria. L'avversità a ciò o ginofobia -esplicita per i mussulmani- viene così subdolamente mascherata sotto forma di espediente specialistico medico-ospedaliero negli altri paesi ad altro riferimento monoteistico. Che cosa c'è di più significativo del fatto che il successo del primo cesareo umano viene realizzato con la tecnica zootecnica di un macellaio, J.Nufer, castratore di maiali? La macelleria è la pratica più vicina alla medicina. Forse fu questo il primo passo consistente della realizzazione dell'applicazione delle tecniche zootecniche applicate all'umanità; oggi sempre più concretizzandosi per ottimizzazione economica.
Si vede laddove non c'è e non si vede dove invece c'è. nel momento in cui si avviava lo screening alle carcerate cavia tre neonati vittime dell'epidemia tubercolotica del personale infermieristico ospedaliero stesso (vedi quest'ultimo video). L'infermiera era stata vaccinata e -considerata la rarità della tubercolosi almeno in Italia- sicuramente contagiata da questa stessa, ma, nonostante tutto, si cerca non solo di salvare la pratica delle vaccinazioni ma di sperimentarne di nuove...su chi? Gli immigrati, naturalmente.
Carcerate, Immigrate, Degenti ospedaliere popolo indifeso, capro espiatorio per tutelare gli ospedali -e carceri- veri luoghi focolai da sempre di pestilenze e infezioni peggiori delle discariche e fogne di metropoli.

Bibliografia
-G. Gigerenzer: "Quando i numeri ingannano (Calculated risks), Raffaello Cortina ed., 2003, Mi.
-R.Volpi: "L'amara medicina, Mondadori, 2008, Mi.
-P.Skrabanek, J.McCormick: "Follie e inganni della medicina (Follies and fallacies in medicine)", Marsilio, !992 (1989).
-J.Blech: "Gli inventori delle malattie (Die krankheitserfinder), Lindau ed. (Fisher Verlag GmbH), To (Frankfurt am Main), 2006 (2003).

"Consegnai lo studio dell'ufficio di analisi e programmazione socio-sanitaria da me finito di organizzare all'assessore del Comune di Firenze con il responso critico sugli screening consigliandogli di ripensarci e di risposta l'assessore chiamò immediatamente un certo professore, luminare in campo oncologio: "Professore mi dicono che lo screening per il tumore al seno produce molti errori, lei che ne pensa?...L'assessore mi riferì che il professore disse che lo screening salvava molte vite e ha già abbassato la mortalità e mi liquidò velocemente" -R.Volpi.

venerdì 5 agosto 2011

Ospedali: Mafia per Eccellenza -3° parte

Ogni volta che si discuta o si dibatta sulla cosiddetta malasanità medici e politici sembrano d'accordo nel far convergere ripetutamente il problema sulle carenze, fatiscenze e disservizi degli ospedali valutando di conseguenza solo sul piano economico per potenziare, in apparenza, suddette strutture. Ma potenziare cosa?! Per l'appunto l'apparenza, non certo la trasparenza, che rappresenta la vera competizione tra ospedali pubblici e privati.
Nei due precedenti post sulla nascita degli ospedali origine dello s/Stato premafioso, e il suo consolidamento attraverso i secoli, abbiamo sintetizzato il profilo ben radicato che caratterizza da sempre queste infami strutture. Nel presente post, invece, focalizzeremo sul punto principale che caratterizza il modo mafioso: l'omertà. Per questo considereremo ciò che rappresenta l'eccezione che conferma la regola mafiosa degli ospedali o cliniche che siano. Con questo intendiamo riferirci proprio a quei medici -di cui il numero non supera quello delle dita di una mano- che, al contrario dei loro colleghi violarono il principio omertoso ospedaliero. Certamente, probabilmente ve ne fu qualche altro sicuramente messo a tacere con le buone o con le cattive. Che cosa significa "con le cattive"? Ora vedremo.
Cominciamo con il famosissimo ospedale de "La Salpetriere". Nella prima metà del secolo scorso vi prestava servizio A.Munthe.
Munthe era di origine svedese e la sua personalità era forgiata dalla religione e dai miti nordici che pongono in primo piano la giustizia piuttosto che la carità. Egli si rese conto di tutte le nefandezze che accadevano ai danni dei degenti finché non urlò pubblicamente quanto lì stava accadendo ad una giovane contadina, accusandone poi il suo maestro; nientedimeno che il grande, famoso Charcot. La risposta fu immediata e provenne proprio da colui che lo riteneva il suo pupillo, lo stesso Charcot, che lo calciò fuori dalla Salpetriere. Munthe, che fino allora esaltava gli ospedali -"meno chiese più ospedali"- non volle più saperne di tali infami strutture e si dedicò ad aiutare uomini e animali praticamente, anche estraendoli, sepolti, dalle macerie di un terremoto (quale di Messina).
Vi fu chi subì la sua violazione del principio d'omertà peggio di Munthe. Ci riferiamo a I.F.Semmelweis.
Semmelweis era di origine ungherese e prestava servizio in un prestigioso ospedale austriaco. Egli si rese conto che le frequenti morti da infezione puerperale ospedaliera delle gestanti e anche dei loro neonati era causata dallo sporco che recavano i chirurghi tra una degente e l'altra. Semmelweis seppe imporsi nel far lavare più spesso i chirurghi e i risultati non si fecero attendere: nel bene, nel senso che si ridusse la mortalità delle gestanti e dei loro neonati; nel male, nel senso che tutto ciò non durò a lungo perché i chirurghi si stancarono di lavarsi e fecero in modo da far sbattere fuori dall'ospedale semmelweils dalla direzione. Egli dovette ritornare a Budapest dove scrisse un libro testimonianza della sua esperienza ospedaliera; un j'accuse contro gli infami ospedali. La risposta non si fece attendere, Semmelweis fu "messo alla berlina" ovunque, e il suo libro fatto praticamente sparire, fino ad imporgli una sorta di Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) per farlo finalmente tacere. Tutto ciò non fu sufficiente perché anche chiuso e torturato dal trattamento psichiatrico Semmelweils continuò a non tacere finché le percosse subite dagli operatori psichiatrici non lo fecero tacere per sempre. Ora a Budapest c'è un suo busto per ricordare chi si oppose all'omertà sulle nefandezze ospedaliere.
Infine, vogliamo ricordare il Ramazzini, che volle non tacere la sua verità su quello che erano i medici aldilà delle apparenze. Ramazzini subì meno dei due suddetti suoi colleghi eppure fu denigrato per le sue accuse tanto che perfino il Pazzini, che voleva comunque citarlo, riportando le sue dichiarazioni sulla figura del medico, dovette presentarlo più come umorista che altro. Vediamo quanto "umorismo" vi sia su quanto segue: "Questi (i medici) si ammalano quando gli altri stanno bene, o per lo meno stanno bene quando vi sono molti malati". "Più volte mi sono stupito come, infierendo gravissime influenze di febbri maligne, pleuriti e altre affezioni popolari, i medici pratici quasi per un certo privilegio della loro arte, ne vanno esenti -cosa che non credo doversi attribuire alla buona cautela di essi, quanto al molto esercizio ed alla allegria di cuore, quando tornano a casa con le borse piene di danaro". Le cure -egli asserisce- sono spesso più nocive della malattia stessa. "Guardate il contadino, per esempio: egli agrescit madendo ed ha perfettamente ragione se vuol morire nelle stalle piuttosto che negli ospedali con le vene vuote di sangue e il ventre vuotato dai purganti". "Non si sa dire se più siano quelli ai quali la morte tronca la vita con la sua falce o con la lancetta del chirurgo".
Da tutto ciò che accadde a coloro che vollero non tacere violando l'omertà sulle nefandezze ospedaliere ai danni dei malcapitati (degenti) accusando i loro colleghi assieme agli infami ospedali in generale non seguì più alcun esempio tra medici e paramedici ospedalieri.
Oggi, di quel poco di trasparenza che si è potuta conquistare sulle infami strutture ospedaliere molto è dovuto al coraggio dei parenti ed amici dei malcapitati (degenti) che lì presenti hanno seguito, osservato e divulgato o denunciato.