domenica 25 aprile 2010

Michele Emmer: La matematica del dubbio e la gabbia meccanica 3-La bara vuota, il Trionfo della Morte



















Il periodo più cruento è verso la fine, quando si rivela l'insuccesso dell'intervento medico-ospedaliero. Il reo di non essere uscito fuori dal male viene scotomizzato (non visto, riconosciuto) perché imbarazza l'eccellenza medica: la signora Emmer viene relegata in una barella del Pronto Soccorso e senza vicinanza di parenti e amici. Nemmeno Emmer può entrare al pronto Soccorso e per la prima volta reagisce direttamente all'infermiere, che cerca di cacciarlo via; anche questa volta Emmer riesce a spuntarla, anche se dal basso, come cittadino attivo, ma dovrà ricordarsi di non uscire più dal Pronto Soccorso, nemmeno per andare a mangiare o riposarsi, perché come poi sperimenterà dovrà attendere fino all'orario di visite per potervi rientrare. E. non si rassegna allo squallido "quadretto" della fine dell'esistenza in quelle condizioni e pretende un letto decente, ma questa volta non è come nel caso della richiesta dei vetrini dell'analisi clinica e dovrà riferirsi, genuflettersi, ad un rappresentante della corporazione medica che faccia da medium per la suddetta richiesta, insomma una sorta di padrino. Di solito i medici non ospedalieri non interferiscono con le procedure ospedaliere perché hanno paura, il potere medico corporativistico ospedaliero è ancora più potente di tutti gli altri ordini medici. Comunque, si trattava, più che altro, di un atto di carità e il medico di famiglia di E. non trovò difficoltà a chiedere e a far trasferire la moglie in una camera dello stesso ospedale. E., tra l'altro deve continuare a parare i messaggi di morte che arrivano alla moglie da tutte le parti; questo è uno dei maggiori stress; che cosa pensereste se qualcuno vi dicesse che fra qualche ora o all'indomani vi trovereste chiusi in bara al cimitero? La signora Emmer si accorge che non gli è stata somministrata la sandostatina -perché non si possono spendere 250.000 £ (al milligrammo, per la durata di un giorno e mezzo) per una degente considerata ormai morta. Hanno inventato anche questo tipo di morte-, così E. chiede insistentemente che gli venga somministrato un placebo che sia creduto il farmaco. La signora E. continua a conversare lucidamente ma...dice di vedere un'ombra, che invece non appare a tutti gli altri. Più tardi l'ombra si stacca dal muro e diviene un "uomo nero", ancora non visibile se non a lei: è forse quell'uomo del quale molti degli anziani ricoverati seriamente in ospedale hanno paura di vederselo apparire davanti? E. intuisce e riesce a fermare il prete ed evitare l'estrema unzione dopo non poche insistenze e, comunque, senza convincerlo. E' la fine...no! Il calvario continua anche dopo la morte della congiunta. E. vuole che la messa funebre avvenga nella stessa chiesa ospedaliera -è forse questo un colpo di coda dell'illustre matematico a tutte le nefandezze subite?- ma viene bloccato dal prete che, giustamente, gli nega l'accesso per il precedente rifiuto al sacramento finale (senza unzione non può entrare, in Chiesa). Così E., ormai esperto delle regole ospedaliere, dovrà nuovamente genuflettersi ad un rappresentante ospedaliero e religioso che gli faccia da medium per una cappella ospedaliera, il ché corrisponde alla caposala suora che ricorderà al prete che è Dio che decide. Il prete è costretto ad aprire le porte della Chiesa mentre rifletterà su quel momento in cui indossa il camice bianco, che sovrasta quello talare. In Chiesa E. troverà dei medici e alcune infermiere e scorgerà che qualcuno lacrima: lacrima su una bara praticamente vuota, un corpo svuotato; piangono per una vuota medicina...e anche da questa bara, come tutte le altre contenenti corpi vuoti delle malattie incurabili ne esce qualcosa che serpeggia "S" e un simil-tridente "E"......"SE". SE fosse stata la cura Di Bella, SE fosse stato il siero di Bonifacio, SE fosse stata l'Ayurveda, SE fosse stata l'acqua di Lourdes, SE fosse stato il rimedio di Gallo, SE etc..etc.. Un SE non dissimile da quello di chi gli si è affidato e, viceversa, riferito, questa volta, alla medicina della sandostatina (octreotide) -250.000 £ -al milligrammo, nel 2000-, alla chemioterapia, e alla progressiva asportazione chirurgica.
E...SE, invece gli untori delle moderne epidemie?!! La loro industria è la zootecnia: Mucca Pazza, Aviaria, Febbre Suina, S.A.R.S., HIV, etc.. e tutte le sostanze cancerogene negli alimenti, nell'aria, nell'acqua e bevande, nella terra, nell'etere e nella propagazione delle microonde e nanoparticelle degli inceneritori... Allora?? NO, NESSUNO..E' STATO NESSUNO...$$$$$$$$ILENTIUM.

sabato 17 aprile 2010

Michele Emmer: La matematica del dubbio e la gabbia meccanica 2-La Guerra

Nel post precedente, omonimo al presente, si è sottolineata la natura pacifica di Emmer, che non aveva alcuna intenzione di entrare in conflitto con l'operato ospedaliero, anzi egli inizia con fiducia. Poi, via via, l'accumulo delle nefandezze ospedaliere si fa sentire fino a sbilanciare anche un così suddetto rapporto di fiducia. Emmer è tra due fuochi: l'ospedale e la burocrazia che subisce un impiegato (la moglie di E.) che si ammala incurabilmente. Per entrambi la moglie è già morta, anche il ministero del lavoro, facendo eco al verdetto dell'ospedale, non deve rompere le scatole, quindi non viene riconosciuta l'assenza per cure mediche e deve essere liquidata dall'ufficio accontentandosi del sussidio di invalidità. Ma, quello che smosse maggiormente E. fu quando -dopo l'errore iatrogeno che costò un'inutile operazione alla moglie- gli negarono di dargli i vetrini usati per l'esame istologico. Già, la stessa richiesta che, nel post dedicato alla M.G.Cristofanetti-Boldrini, vedemmo negarsi violando la Costituzione Italiana, che riporta: "L'uomo è padrone di tutto ciò che appartiene e appartenne al suo corpo". Vedremo che ciò che non ottenne (i vetrini da test istologico) la Cristofanetti-Boldrini da cittadina attiva riuscì a ottenerlo Emmer. E. conosceva la Costituzione Italiana e si sentì, giustamente in diritto di intervenire! Da cittadino attivo entrò nel suo ruolo di dirigente ministeriale, salì in cattedra e, da eccellente matematico, calcolò e centrò in pieno il muro anti-trasparenza ospedaliero, facendogli un buco così. Il braccio tentacolare della piovra dovette, di contraccolpo, cedere e schizzare i vetrini verso l'equipe bio fisico-matematica dell'Università. Ma, attenzione! In questo conflitto, tra ministeri, attualmente vinto dalla Costituzione, per E. si cela un altro tentacolo, quello che potenzialmente gli trattiene la moglie. Infatti, la Signora Emmer è in un certo senso in "semilibertà" e dovrà ripresentarsi in ospedale, chiaramente seguita dal marito che, entrando in quel luogo, dovrà spogliarsi della divisa di alto dirigente per indossare quella a "pseudo-pigiama" di cittadino attivo. Non rimane quindi che attendere il ritorno.
Così fu. La signora E., che cercava sempre di rinviare gli appuntamenti-supplizio con l'ospedale, arrivò ad essere svuotata, oltre che dello stipendio, anche di veri e propri organi interni: non c'era più niente da togliere senza ledere organi vitali (cioè, eutanasia). Insomma, per l'ospedale E. si doveva sentire vedovo nonostante avesse la moglie lì davanti conversare lucidamente. E' proprio qui inizia il clou delle sue battaglie dal basso, da cittadino attivo nelle fauci della macchina della gabbia. CONTINUA...

venerdì 9 aprile 2010

ILMESSAGGERO, Il Megalomane, Ospedali all'Ingrosso


Mentre i medici legali delegati dell'omicidio Cucchi , Arborello e Marino, dibattono tesi opposte sulle cause della morte, precisamente: il primo avanza l'ipotesi che Cucchi è morto per mancanza di cure specificatamente mediche (non sarebbe sopravvissuto senza); il secondo sostiene che la vittima, malridotto, non ha comunque ricevuto assistenza fin dai suoi bisogni primari, il ché ha fatto degenare mortalmente per disitratazione. -Entrambi confermano la necessità di potenzsiare le infami strutture ospedaliere nei controlli, 24 ore su 24, e videocamere-. Dall'altra, sempre a Roma, si stava compiendo un altro omicidio ospedaliero: due neonati gemelli stavano rimanendo orfani tra la clinica privata "Villa Pia" e il "S.Camillo". "La colpa è stata quella di aver scelto una clinica con nascite annuali minori di mille". Quest'ultima osservazione è del primario del S.Camillo -dove la madre dei due neonati, giunta grave, è morta- e che il Messaggero ha posto in prima pagina della Cronaca di Roma.
Tutto ciò conferma quanto da noi osservato nei post precedenti, cioè il sostenere le grandi, magari moderne, strutture ospedaliere già dotate di scudo antitrasparenza.... Guarda caso, mentre eravamo intenti a scrivere il post precedente al presente ricevevamo da posta elettronica una segnalazione di un nostro lettore del blog che ci riferiva di aver saputo che un suo conoscente, professore a matematica dell'Univ. la Sapienza, aveva perso la sorella -età, sui 60 anni- da pochi mesi e ci ha raccontato la vicenda sul suo ricovero. Ad Agosto 2009 sua sorella accusa disturbi respiratori dovuti ad un allergia. Si preferisce accompagnarla in ospedale, il Forlanini. Da qui, dopo un certo periodo, viene trasferita propio al S.CAMILLO e dopo diversi giorni di degenza viene di nuovo trasferita , questa volta al S.GIOVANNI. Al S.Giovanni muore perchè nel frattempo si era mortalmente aggravata per complicazioni di un'infezione contratta in ospedale: Batterio denominato "ACINETO. Consiste di batteri a grappolo. Potrebbe darsi che nel gioco di trasferimenti dalle tre grandi strutture ospedalere risulti non chiaro dove abbia contratto la mortale infezione ospedaliera. Il nostro lettore ci ha anche riferito che chiese al professore se fosse a conoscenza di questo ma si sentì rispondere che gli fu impedito di stare accanto alla sorella, sopratutto quando si era mortalmente aggravata. E, ancora, gli chiese se aveva intenzione di fare un esposto, ma,,,erano passati solo poco più di 3 mesi, il forte trauma della perdita improvvisa di una sorella con cui conviveva da sempre era ancora paralizzante, e quasi scoppiando in lacrime rispose: "Tanto mia sorella non me la restituiranno mai più...". Se quanto riferito fosse esatto si confermerebbe ulteriormente la schifezza di grandi strutture ospedaliere che, oltre tutto, sono più dificili da controllare, e possono accadere senza sanzione alcuna simili nefandezze.

sabato 3 aprile 2010

Michele Emmer: La matematica del dubbio e la gabbia meccanica -1

Tra i libri e documenti di vario genere, testimonianze del travaglio in cui si imbatte il malcapitato che fa ingresso nelle infami strutture ospedaliere, oltre a quelli che abbiamo discusso due post fa, vi è quello dell'emerito professore di matematica M.Emmer. Egli lascia testimonianza del suo "calvario" ospedaliero attraverso un interessante testo, ben redatto in complessità: "Lo specchio della felicità", Ponte alle Grazie, 2000. Il suo dramma può rappresentarsi come quegli incubi dove, rimanendo in dormiveglia, si ha la sensazione di svegliarsi e di uscirne ma poi ti rendi conto che continua imprigionandoti di nuovo. All'inizio le sue critiche sono assenti o comunque sommesse, ciò dovuto alla precedente angosciante esperienza nel ritrovarsi di fronte il proprio figlio colpito da una malattia che lascia poche speranze, per poi vederlo ritornare ad una vita regolare e magari essere riconoscenti nell'ambito medico in cui è stato trattato: in questo caso la medicina ufficiale. Tant'è che in seguito il figlio sceglierà iscriversialla facoltà di medicina. Ma, non molto tempo dopo, quando si ripresenterà l'incubo investendo la moglie, Emmer avrò da rendere conto che quel riconoscimento non è dissimile da chi lo lo rivolse, cartelle cliniche con attesa di vita anche di una settimana, all'acqua di Lourdes, al siero Bonifacio, al rimedio Gallo, al metodo Di Bella, ai santoni ayurvedici, a streghe, maghi, guaritori etc.: se il destino è beffardo tale sarà il decorso che ti segnerà. Segue che più chiaro gli apparirà il ricordo di quel comportamento apparentemente bizzarro del suo suocero: primario anatomo-patologo nonché psichiatra, che si era lasciato morire inveendo contro i colleghi e rifiutando le cure proprio nell'ospedale dove era stato primario. Inizia il suo terribile percorso che egli, però, cerca di affrontare con lucidità, considerando, per questo, i suggerimenti dell'associazione contro la malattia incurabile che lo aveva coinvolto: un male incurabile fa attaccare contro i medici ma nessuno ha provocato il tuo male e nessuno poteva prevenire. Già, "NESSUNO". Chi è stato? Nessuno. Con ciò non potevano che meglio avviare a quell'odissea che coinvolge il malcapitato nelle infami strutture ospedaliere. ...Nessuno ha provocato il male: le sofisticazioni alimentari , dagli omogeneizzati "super-ormonizzati", alle mozzarelle con diossina, fino, addirittura, alle recenti creme con peperoncino cancerogeno. Così anche le cosiddette nanoparticelle scoperte cancerogene da coloro che, tra l'altro, non godevano di finanziamenti, e che si sono poi visti togliere via gli strumenti di ricerca proprio dalle associazioni contro i tumori, quelle che avrebbero dovuto sostenerli. Ma, E. prosegue il suo calvario scivolando più volte sulle speranze, sulle promesse delle nuove terapie che si stanno sperimentando, sopratutto genetiche, e, dall'altra, urtando contro le continue sentenze dei medici che ripetevano che la moglie doveva morire, che il male non l'avrebbe lasciata nemmeno quando si sarebbe sentita bene. Da quest'ultima sparata E. riconosce le parole delle lingue biforcute far più male del silenzio; essi, oltre tutto, dicono ma nulla scrivono. E' il loro mondo dell'incertezza di una dottrina meramente statistica, non scientifica: la moglie doveva morire e non si poteva più rompere le scatole. E. scrive più incisivo, chiaro, denuncia l'errore di interpretazione delle lastre che provocò un'inutile operazione chirurgica alla moglie! E nel libro va man mano trasparire un'interesse verso l'assistenza ma nella disapprovazione per l'operato medico. Egli ammette comunque che l'assistenza ha costi vertiginosi e le cliniche modello sono utopiche, come la Sloan Kettering, famosa clinica-vampiro accessibile per i pochi grandi facoltosi. ....Continua