sabato 23 agosto 2014

Medicina Nazista e Medicina di altre Nazioni: un confronto. Cavie umane - animali



    


A Giugno si è svolto al Senato un convegno sulla resistenza e sulla liberazione.  Alle porte dei settantanni dalla liberazione si è voluto mantenere la memoria, per non obliare gli orrori.  Non ci è stato consentito poter partecipare al convegno, ma anche qui vorremmo aggiungere qualcosa su quanto detto e/o  non detto dai relatori.   
“Su 90.000 medici in servizio in Germania circa 350 hanno commesso crimini medici mentre gli altri non hanno differito da quelli di altre nazioni”.
   Abbiamo già scritto sulle cavie umane e recentemente diversi post sono stati dedicati alla legge 578/93 approvata dal Parlamento ed in via di conferma al Senato che dà via libera nel disporre di cavie umane da vivisezionare e/o espiantargli gli organi per trapianti.  In questi post abbiamo tracciato un profilo tra suddetta legge e la medicina nazista, che considerava una morte cerebrale che consentiva di far cessare tutte le altre le altre sane funzioni fisiologiche – praticamente era eutanasia o pena di morte al pari della morte cerebrale per coma detto irreversibile -. In generale ci si chiede la differenza tra la medicina nazista e tutte le altre.    Infatti, mentre in Germania si consumavano i crimini medici non da meno avveniva nelle altre nazioni e paradossalmente ciò è emerso proprio nei luoghi di pena --abbiamo spesso abbinato la similitudine tra prigioni e ospedali — costituendosi più trasparenti degli ospedali, probabilmente si riteneva normale e non aberrante il fatto di avvalersi del carcerato per fargli espiare la colpa con ciò che ritenevano un “progresso” per la ricerca medica. Ad esempio, dal 1942 al 1945, n U.S.A. furono fatti cavie dodici condannati a morte per esperimenti sul hascisc.  Più precisamente, a New York, il comitato di lotta contro la droga presieduto dal sindaco di questa città sperimentava l’effetto dell Hascisc su 72 detenuti U.S.A.
 Così proseguendo, nel 1945, congedato il nazismo – in via del processo di Norimberga --  già nella rivista Life (4-6-1945) si leggeva che in 3 tipi di istituti penali U.S.A. si servivano di prigionieri per farne cavie in medicina.  Precisamente, nella Prigione Federale di Atlanta e dell’Illinois, così anche per gli istituti di correzione del New Jersey:  800 prigionieri “offerti” volontari cavie per inoculazione dei germi della malaria senza ricavarne vantaggi ne riduzione della pena.    Ogni prigioniero, nell’Illinois, firmava a responsabilità propria dei rischi facendo svincolare da tali responsabilità l’Università di Chicago e facendo presente di non aver avuto nessuna costrizione, mentre nelle prigioni federali vi erano compensi (ad esempio consistevano in 100-150 dollari, cioè 50 prima del trattamento e cento un anno dopo – quindi se riusciva a sopravvivere-): “E sconosciuto il loro grado di tossicità, tuttavia non utilizzeremo alcun farmaco che abbia rivelato una seria tossicità in sede di sperimentazione su animali”.  
   In Turchia fu fatta ricerca vivisettoria sul tifo contagiando con bacilli di tifo i condannati a morte.   Ora possiamo pensare il motivo per cui la pena di morte trovasse difficoltà ad essere abolita anche in paesi democratici e dichiaratisi civilmente morali.     Il carcerato Keanu, condannato a morte nelle Hawai, scelse di fare da cavia facendosi contagiare la lebbra per non essere ucciso… Morì di lebbra.   Sempre negli U.S.A. Goldberger promise ai detenuti la libertà in cambio di far da cavie per inoculazione della pellagra.   A Manila fu permesso all’Americano Strong di contagiare 900 condannati a morte di bacilli della peste per fare da cavie; risulterebbe che non fecero morti ma erano pur sempre bacilli vivi e comunque le 900 cavie umane contrassero la peste . Sempre a Manila, l’Istituto di Worcester sperimentava nuovi farmaci su detenuti nelle prigioni di Bilibid.       Alcuni scienziati U.S.A. eseguirono diversi esperimenti su indigeni delle isole del Pacifico e sui Coolies, sui quali il dottor Reed sperimentò la febbre gialla; si conta un morto cavia della sperimentazione del dottor Strong del beri-beri nelle Filippine – malattia non presente in quella nazione.  Inghilterra e Francia usavano negri come cavie per esperimenti sul sonno.  La Francia autorizzò anche ricerche vivisettorie su esseri umani consistenti nel contagiarli della sifilide e gonorrea. Tra i medici carnefici troviamo nomi di prestigio quale Adler, premiato dalla Società Reale dì igiene e malattie tropicali, il quale ha infettato con il Kala-Azar cinque persone ammalate di cancro ed in seguito morte.  Cavie umane vi furono anche tramite Heimann, Heibrunn, Gungann i quali somministrarono penicillina per via intracerebrale a tre paralitici morti in seguito al trattamento.  Ancora, negli U.S.A. Vie e Stocks hanno inoculato l’epatite virale in 250 persone per studiare l’acqua come veicolo del virus. Esperimenti anche su cavie umane in Messico da Otero, in Indocina dal direttore dell’Istituto Pastesur Yersin, in Algeri da Sergent, in Turchia da Hamadi ed in Polonia da Sparrow e quasi tutti da individui incolti.   Molto probabilmente ora sappiamo che quando ai ricoverati in ospedale si chiede il titolo di studio uno dei motivi può essere questo.   Infine, furono inoculati di streptococchi 25 detenuti U.S.A.  In quest’ultimo esperimento le cavie umane furono giustificate dal fatto che in molti paesi lo si era sperimentato così in reparti pediatrici perché non era possibile sperimentare sugli animali.   Il basare la vivisezione come una sorta di garanzia per poter sperimentare sugli umani era considerato entro dei limiti. Sperimentare sugli umani non era reato a queste condizioni: se con il consenso della cavia umana; se era necessario ed irrealizzabile in altro modo; se preceduto da vivisezione animale e studio approfondito della malattia; se scevro da sofferenza fisica e morale non necessaria; se vi è qualche motivo di credere che comporti invalidità o morte; i rischi non devono superare il valore umanitario della soluzione ricercata; lo sperimentatore deve essere qualificato; la cavia umana deve poter interrompere volontariamente l’esperimento; il vivisettore deve essere pronto ad interrompere l’esperimento in caso di pericolo.

   Questi limiti chiaramente sono ad arbitrio di chi decide la necessità, la validità della vivisezione etc.. nonché decide anche per la cavia.  Insomma, sono limiti fatti da chi è qualificato in tali pratiche, cioè lo sperimentatore vivisettore, infatti non vi sono limiti agli errori, ai danni e ai fallimenti della vivisezione.  Dopo questa indagine sugli errori, abusi e orrori sulle cavie umane per non ricavarne successo che nei limiti della sperimentazione vivisettoria stessa .-durante il processo di Norimberga un imputato fisiologo si giustificò dicendo che: “Noi fisiologi abbiamo sempre condotto i nostri esperimenti sugli animali..ed i risultati sono sempre stati soddisfacenti”-  E’ chiaro che i successi sono laddove si può manipolare come si vuole la cavia e, oltre tutto, a simulare grosso modo una malattia che non corrisponde ai tempi e allo sviluppo della stessa in natura.     La ricerca sui fallimenti, danni ed errori delle pratiche vivisettorie oltre a quelle naziste, denunciate nel processo di Norimberga contro le altre nazioni,  continuò e continua tuttora amplificando il numero dei fallimenti e danni vivisettori fino a confermare l’inutilità e dannosità della pratica vivisettoria,  ma l’enorme numero di fallimenti e danni vivisettori non è incluso nei limiti della sperimentazione vivisettoria per farla cessare e così contribuire verso altri metodi, questo progresso è finora bloccato o almeno limitato dalla ricerca vivisettoria: anche il nazismo ha avuto dei limiti, invece la vivisezione continua, non ha limiti è fuori etica, l’unico suo scopo è facilitare il consenso  a passare a cavie umane con conseguente fallimento.

sabato 9 agosto 2014

La Psicanalisi Nuda alle Videocamere. Dalla Mitobiografia alla video-profilassi-DNA.



La suora paramedico ospedaliera: Interpretazione del sogno

La sicurezza si fa pagare... le tasse


    Rileggendo un vecchio articolo di una nota psicanalista junghiana si legge sulla mitobiografia di Ernst Bernhard – fondatore della scuola di psicologia analitica,
 e di un suo sogno, ma in particolare emerge L’esprit, cet inconnu, di J.Charon.  Protagonisti principale di quest’opera sono gli elettroni, visti con proprietà di intelligenza universale presente dall’inizio della creazione.  Elettroni che interagiscono, sembrano muoversi in un frenetica danza e dialogare fra loro; sono una enorme biblioteca a disposizione di chi sa ascoltarli, leggerli.  Quindi, una sorta di archivio dove tutto è registrato di ogni individuo fin dal suo minimo gesto. E' qui che sorge la perplessità dello psicanalista, che scrive: “certo può darmi fastidio l’idea che ogni elettrone del mio corpo registri per tutta l’eternità tutti i miei pensieri e sentimenti….” .     Si può comprendere tale perplessità alleggerirsi di fronte ad un elemento che non giudica e che accumula informazione di per sé ma ciò ribalta in inquietudine se vi fosse un apparecchio di lettura del contenuto degli elettroni e, all’epoca dello scritto della psicanalista non vi erano seminate videocamere e satellite vagante accumulante informazioni per potenze di dieci.  Anche le ricerche sul contenuto del DNA non erano così inasprite da creare una banca dati biologici per ogni individuo sulla Terra come attualmente.    L’elettricità deriva da elettrone, cioè particelle in movimento,  che attivano un apparecchio quale il computer, che immagazzina dati di vertiginoso numero assieme ad altrettanta velocità.  Quindi oggi è possibile, ed è gia iniziato da qualche decennio,  quanto ipotizzato da Charon e temuto dai non pochi studiosi e scrittori – fin dall’inizio del ‘900 (da Orwell, Foucault, Illich, Feyerabend, Huxley, Ortega y gasset etc.. -- su tale abuso sull’umanità sotto l’inganno di false promesse di sconfitta delle innumerevoli malattie incurabili.  Nella peggiore dittatura vi è sempre l’esigenza di rendere ogni cittadino trasparente anche di fronte alle istituzioni, ospedali, scuole, carceri etc. che diventano sempre più coatte e torbide.   Si espone così il cittadino a chiunque, con un minimo di autorità, conoscenze altolocate e di qualifica volta a entrare nei suoi “file” attraverso codice internet ed in pochissimi secondi avere  tutto il suo quadro proveniente da ogni ambito abbia avuto a che fare, direttamente o indirettamente: dal Ministero della Pubblica Istruzione per il suo profilo scolastico fino all’Università; dal Ministero della Sanità per il suo profilo psicologico e di malattie già avuto e quelle ipotizzabili da lettura del DNA, personale o dei suoi parenti: dal Ministero dell’Interno, per il suo profilo sulla condotta; e da tutti gli altri Ministeri nonché da banche, agenzie assicurative, condominio e immobiliari etc.    Un caleidoscopio anche di “talloni d’Achille” a disposizione anche delle finalità più immorali.  Si pensi ad esempio ad una bio-valutazione per assicurazioni se non per scelta di trapianto d’organi: un rene, fegato, cuore etc. valutati anche da DNA in funzione pari ad un vino D.O.C..   L’umanità alla stregua di bestie da zootecnia. Tutto questo trova il fulcro negli ospedali.
  Intervista a   I.G.:
H.C.: Lei ha fatto indagini su come si viene oggi ad essere monitorati; perché la gente permette questo? Non è una risoluzione per la “sicurezza” da ragazzini di quinta elementare o prima media se non demenziale?
I.G.: Non ho fatto indagini, ho solo dedotto cosa accadeva attorno a me in base a quanto oggi scrivono Rodotà e Paissan.   Anche questi autori non hanno scritto quanto la gente non sia infastidita da videocamere che, oltre tutto, li registra. 
H.C.: Ma, chiunque potrebbe infastidirsi se venisse registrato, magari in un momento di gesto spontaneo, dislocato  dal suo stato vigile o in un atteggiamento intimo etc…
I.G.:  La videocamera è vista come un oggetto, passivo. Se dovessimo farla “incarnare”, imitando  una videocamera e stare lì fermi a osservare, anche senza registrare, la gente sarebbe moltissimo infastidita della nostra presenza fisica, dell’osservatore; così anche la sicurezza verrebbe allarmata, nonostante il ruolo passivo dell’osservatore che, tuttavia potrebbe rendere consapevoli del ruolo delle videocamere e di chi vi è dietro.      Più difficile è il rendere consapevoli, di qualcosa di più grave, quale di cosa significhi leggere il profilo su DNA, che fa sorridere alla suddetta perplessità della psicanalista sull’elettrone.
   Insomma, in uno stato dittatoriale vige il senso unico dell’obbligo di trasparenza del cittadino al quale poco o nulla, a sua volta, gli traspare delle istituzioni.