domenica 22 settembre 2013

L'uomo di vetro: Rodotà al drink



Chiunque cerchi di sostenere quella "par condicion", che rivede lo squilibrio tra il comune individuo, sempre più reso di vetro, e le carceri e ospedali che rimangono invece perlopiù in ombra, trova non poche difficoltà.  Un paese democratico concepisce un carcerato, anche reo di crimini più efferati, essere comunque un cittadino -che sta scontando la pena per i suoi sbagli- con i suoi, anche se limitati, diritti, quale di esprimere le proprie opinioni.  Ma non è tanto questo il problema.  Con suddette istituzioni coatte non rimane che riferirsi all'intelligenza artificiale, cioè il "test di Turing" -che abbiamo già considerato per le videocamere seminate nelle strade e nei negozi- e cercare di dedurre che l'informazione che esce fuori è mediata da macchina burocratica, forzatamente strategica, o originariamente, umana, del diretto interessato.   Abbiamo già chiamato in causa il Pazzini confermando che anche i medici stessi osservano quanto il potere medico sia ancora radicato con gli antichi stregoni mediatori tra il divino e l'uomo a partire dal medico dietista che detta, programma lo stile di vita del malcapitato nel suo essere -in quanto noi siamo ciò che mangiamo- e quindi sulla epidemia, di intere nazioni, di  OGM, fino al chirurgo per arrivare all'atto cannibalesco del trapianto d'organi -realizzabile necessariamente col cuore battente, vivo-.  Asseriva Platone che l'uomo avrebbe consapevolmente accettato di mangiare il veleno pur di non morire di fame e, in generale, dargli sicurezza è come dargli ricino, è tutt'altro che difficile, va da sé, con la corrente e fa correre a tuttav velocità...basta la parola.