venerdì 29 ottobre 2010

Origine degli ospedali ritorno al malato posseduto -parte prima-

Quanto la suggestione di chi veste un'alta carica sociale-professionale specialistica possa influire nell'annichilire la personalità di chi gli sta accanto lo abbiamo visto nel video e nel contenuto del post precedente, riguardo un programma televisivo, in cui una vittima delle nefandezze ospedaliere pur sedendo più centralmente rispetto al massimo rappresentante della corporazione medica -lì sempre presente, per tutto il programma-ne risentiva del suddetto peso carismatico, che ne soffocava la sua libera espressione di critica e di accusa sulle suddette nefandezze -pertanto il programma ha tutt'altro che favorito la vittima-.
Tutto ciò porta a riflettere quanto quel carisma stregonesco che suggestionava gli individui, specialmente se debilitati, analfabeti o poveri, abbia continuato attraverso i secoli trasformandosi, via via, sotto altri modi e aspetti, nonostante quel passaggio che, nel segno della "Vis Medicatrix Naturae", tolse al morbo (che poi si chiamerà epilessia) l'attribuzione del "sacro" (disturbo invitto nei millenni, fino ad oggi non compreso e quindi di difficile definizione fino a ridurlo a livello di sintomatologia) filtrando il concetto di malattia come possessione del "malefico" sul malato. Della concezione ippocratica ne abbiamo già discusso nel post precedente dedicato all'epoca romana, dove regnava il benessere secondo suddetta concezione (cura della persona, della sua alimentazione e suo stile di vita, nonchè del suo ambiente circostante e approfondendo sul proplema delle fratture). Fu questo un periodo di qualche secolo, fecondo in salute, finché la corruzione non approdò con l'intervento di Asclepiade; personaggio che rappresenta il fondamento di ciò che poi, man mano, svilupperà dalle sue medicatrine fino agli odierni ospedali, cioè industrie di malattie e smercio di farmaci , fautori di cavie umane, e, per quello ch'è il tema di questo post, causa del ritorno alla concezione del malato come posseduto e del suo internamento coatto. Tutto ciò si esplica, sia nel vedere il corpo del disgraziato come un campo di battaglia tra i medici e il "malefico"; sia nel relegare il malcapitato nelle istituzioni ospedaliere deprivandolo di qualsiasi aspetto che abbia a che fare proprio con la "Vis Medicatrix Naturae", cioè di se stesso -anche terrorizzandolo sul suo stato di salute.
Il malato, così doppiamente "iatrogenicamente posseduto", dallo specialista e suoi paramedici nonché dall'istituzione coatta, ospedaliera, si sentirà effettivamente posseduto; pari a colui che, subendo la trapanazione del cranio, ne viveva in realtà una pratica esorcistica, in quanto non potendo tormentare il demone si tormentava il corpo di chi l'ospitava (il posseduto,il malato).
Per chi volesse avere un'idea di quello che significa una medicina basata su tali assunti una descrizione più divulgativa la si può intravedere nel romanzo o nel film "L'Esorcista": "viene disotterrato il segno stregonesco della possessione del malefico che ammala il disgraziato, cioè viene svelata l'antica concezione della visione stregonesca nella medicina attuale. La protagonista è vista dagli spettatori -o lettori- come una ragazzina ubbidiente ma che pian piano dimostra di rigettare l'innaturale ambito istituzionale -nel film si cita il "Ritalin"- che rende nevrotico (e posturalmente deviato) chi è costretto a viverlo per gran parte della giornata- e, per questo, ne viene fatta oggetto di studi medici con tutta una gamma di test clinici. Il non considerare le cause principali del suo stato da parte dei medici, assieme al sempre più accanimento medico, induce a far peggiorare lo stato d'animo, psicologico della giovane vittima coinvolgendola, così, in un circolo vizioso terrificante e cronicizzante i suoi disturbi fino a rendere coscienti i medici della loro impotenza e a richiamare l'intervento del religioso che ne stabilizzerà definitivamente il ruolo di posseduta della vittima, che, tra l'altro, continua a non voler rientrarci e che si ribella.
E' questo un romanzo che se fosse stato inteso nel giusto verso avrebbe dovuto essere partecipato in modo catartico, liberatorio: la giovane vittima non cede e sputa in faccia al medico e la volta successiva lo atterra con una testata. Infine, una lieta conclusione: dopo il ko dei medici anche il religioso re-introietta il proprio contenuto religioso-tribale "ri-affossandosi" assieme alla sua credenza di malato posseduto proiettata sulla vittima.
Purtroppo, quasi tutti gli spettatori del film hanno seguito senza alcuna metafora partecipando effettivamente nel modo in cui si vede una ragazzina posseduta dal diavolo dove il binomio di sempre medico-religioso cerca di salvarla sacrificandosi, anche a morte. In effetti le cronache, almeno nell'epoca della prima versione del film, riportarono casi di spettatori datisi alla fuga durante la proiezione del film, altri che accusarono malori ed almeno uno colpito da infarto.
Ora ritorniamo su quanto scritto nella prima parte del post.
Sul passaggio dell'istero-epilessia anche il Pazzini concorda sul fatto ch'è cambiato solo il nome di ciò che si vedeva come possessione. Egli riporta che il terrore dei demoni e della possessione tornò ad imperare nei primi secoli della nostra epoca, fin quando un altro modo di concepirla spostò le cosiddette "streghe" dalle mani dei religiosi a quelle dei medici che le definivano pazze e visionarie. Una tale concezione continua oltre il medioevo e tra i medici che la evidenziano....Continua