mercoledì 2 luglio 2014

578/93 Morte detta Coma Irreversibile. T4/39 Morte detta Follia irrecuperabile



  Entrambe le morti citate nel titolo hanno diverse cose in comune, non ci si riferisce alle due date, 1939 e 1993 simili per inversione di una delle due coppie di numeri finali, decimali, né tanto per la sinonimia tra “irreversibile” e “incurabile” ma soprattutto per il fatto che in entrambe sono concepiti come morti i cervelli, e l'assenza di coscienza.   Il Nazismo non ebbe da faticare per eliminare in massa chi reputato non in grado di intendere e di volere fino al fallimento della cura nel “recupero” di tali capacità. Infatti, per i “pazzi irrecuperabili”  vi era l’eutanasia, vista come opera di salute pubblica e rigorosamente applicata nei casi mentali particolarmente gravi o di totale pazzia.  Per prevenire contestazioni morali ed etiche si dichiarava il riconoscimento di non sopprimere per scopi opportunistici quali, ad esempio quelli rivolti ai casi di vittime di gravi malattie o di incidenti anche se conservavano solo le funzioni vitali  fino a non essere in qualche modo utili alla nazione.  Comunque l’invenzione di morte cerebrale, assieme al vedere casi di assenza di coscienza non è idea di oggi attraverso gli espianti d’organo, bensì di chi dichiarò di pensare di pazzi, che non avevano neppure coscienza di se stessi come uomini,  da giudicarsi già praticamente dei morti: “Io penso che dei pazzi che non hanno neppure coscienza di se stessi come uomini sono già praticamente dei morti”. Se non hanno coscienza come uomini tutto il resto degli animali è ufficialmente –cartesianamente- macchina.  Con questa dichiarazione, sostenuta dai medici tedeschi, nel 1939, Hitler estendeva l’eutanasia sterminando gli alienati  e tutti gli altri ritenuti improduttivi: vecchi, invalidi, “anormali” etc.. Essi erano concepiti peso morto.  Lo sterminio dei pazzi irrecuperabili – morte cerebrale- attraverso ospedali per l’”eutanasia” era definito dall'operazione T4, compresa la sua segretezza -benché sembra che vi fu qualcuno che si accorse di quello che realmente si faceva, soprattutto i parenti delle vittime. Comunque, i parenti erano a priori esclusi da ogni decisione perché non medici, quindi non conoscendo la medicina non potevano giudicare il caso, quando era il caso di sopprimere. L’esecuzione della T4 era basata sul giudizio di 3 istituti, cosiddetti, di carità e da un collegio di medici -per l’eutanasia, considerata opera umanitaria: “assassinio umanitario”.
  Insomma dietro al giudizio di “morte cerebrale” si diagnostica l’incapacità di intendere e di volere e di assenza di coscienza e si concepisce, di conseguenza, l’eventuale più o meno accenno di attività motoria (del malato in coma all’atto dell’operazione chirurgica dell’espianto e, dall’altra,  dei pazzi che urlavano e si divincolano disordinatamente al momento di entrare nei camion nazisti diretti all’ospedale per l’eutanasia)  come riflesso meramente nervoso piuttosto che tentativo di comunicare qualcosa del loro stato di coscienza.     Limitarsi a giudicare come riflesso condizionato proviene da tutta una corrente riduttiva che si avvale della vivisezione.  La vivisezione a sua volta  si avvale dell’eliminazione delle componenti psichiche, dapprima, in generale, sugli animali che vengono trasposti poi all’uomo come nel caso di entrambe le “morti cerebrali” – da coma e da follia-.   Ciò fu dedotto già da Vance Packard (in tal caso riguardo alla manipolazione umana tramite elettronica): L’uomo verrà manipolato pari ad animali da laboratorio a partire dai manicomi.   Packard lo abbiamo già considerato, nel post immediatamente precedente al presente riguardo la tanatocrazia medica assieme alla spersonalizzazione e standardizzazione delle morti entro le mura ospedaliere.

  E’ chiaramente giusto riconoscere  l’olocausto che gli ebrei, a livello ufficiale, subirono maggiormente dal nazismo, ma bisogna ancora riconoscere quanti altri furono trucidati come i gitani (senza anagrafe) e i cosiddetti “pazzi”.  Il destino (?) ha voluto che il primo uomo cavia, completamente manipolato, in cui si effettuò il trapianto, di cuore, fosse proprio un ebreo; non visse che qualche settimana dal trapianto, con non pochi strazi.